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Andrea Bart "Sàlvànfòresto".

martedì 14 ottobre 2008

11-10-08 - Pedalando tra il Grasparossa dopo... il Grasparossa.



E' un bel sabato mattina di Ottobre quando mi trovo con Enrico nei pressi di Castelnuovo Rangone per iniziare un tranquillo “quarto di week-end” di paura. A dire il vero la paura maggiore era data dai prodromi della sera prima alla Taverna Paradiso che sono diventati postumi alle luci del giorno seguente;"il" gnocco fritto era eccellente, così come il  vino, vino che però si farà sentire al termine
 della prima salita dura. la questione è sempre la medesima, o si fa vita da atleta oppure ci
 si concede ai vizi della tavola. Qualcuno che sono sicuro sta leggendo in questa pagina penserà sicuramente che ciò è una classica scusa, e che ormai io sono (siamo, caro mio :-) ) troppo
 vecchio per queste cose; in effetti non mi sento di sconfessare la prima parte di questa tesi,
 ovvero che sia una scusa anche molto efficace, in quanto concedersi alcuni piaceri 
è indubbiamente  divertente, corrobora lo spirito ludico, rallegra la mente e consente di
 mascherare le lacune  atletiche.

Visto e considerato che sarebbe una vita grama quella che mi vedrebbe sacrificare il piacere dato dalla buona gastronomia tradizionale e dal buon vino, nonché dalle birre più fresche e pastose, in nome di una prestanza atletica che comunque non troverei mai e in definitiva non mi sarebbe poi tanto utile, quindi preferisco godermi la vita e avere una buona scusa da utilizzare nel caso di uscite con tipi superallenati come Enry, specie nel momento in cui questi mi “dia la paga“.


Ecco qui sopra  l' attacco di del tratto sterrato di via Spagna, ovvero "lasciate ogni speranza, o voi che' entrate, più sopra quel gran bell' uomo del mio amico Enry, cui voglio un gran bene ma a volte non troppo, come per esempio avverrà un quarto d'ora più tardi. Il fondo che segue, totalmente sterrato su un terreno argilloso tipico delle nostre colline si mostrerà al momento in cui lo percorriamo molto regolare e asciutto, viste le scarse precipitazioni di questi ultimi mesi. Tuttavia la pendenza specie nella seconda parte diventa impegnativa (approssimativamente oltre il 15 %) e
 il fondo secco comunque pone dei limiti alla tenuta in trazione della ruota posteriore, oltre a una ottimale combinazione di agilità e potenza (occorre mulinare veloce sul rapportino) occorre anche essere concentrati per mantenere l' equilibrio, le due cose sono fra l'altro interrelate, e l'equilibrio, quindi la capacità tecnica di rimanere in sella cala con il venir meno della freschezza atletica.
 Quello che accade più tardi è infatti il venir meno di questo, ovvero la rivendicazione del Grasparossa che mi chiederà conto dell' averne fatto strage la sera prima.

Il termine della salita di Via Spagna introduce alla seconda parte dell'itinerario, passando per il
 Santuario della Madonna di Puianello e poi scendere di quota e indirizzarsi alla salita del Monte
 Tre Croci .



Questa immagine di terra arata e riarsa rappresenta al meglio il mio stato psicofisico al termine di via Spagna. Lo strappo finale, in cui provo ad accelerare, vi vede saltare in un cascata di sudore mente il cuore sembra impazzire e dire "ora scendo".
Enry naturalmente sembra stare meglio di me, invidio un po' ora il suo stato di benessere, e il fatto di non avere scelto un altra sera per la taffiata a gnocco e tigelle (ah.. le solite scuse !!).


Da qui ci si rivolte alla parte del Monte Tre Croci (vedi immagine sopra), detto Golgota, toponimo anche in questo caso che  sarà rappresentativo, anche se poi di croce ne sarebbe bastata una sola (con me attaccato sopra, ovviamente).


L'ambiente è suggestivo, l'atmosfera soffusa nella foschia autunnale mi tiene in uno stato di sospensione tra spazio e tempo, vivo lo stupore con freschezza infantile. Ora non sento più fatica, nessun affanno, neppure tutte quelle schiocchezze sul vino e sugli alibi fasulli. Sto tornando a stare bene e questo mi fa sentire come qualcuno che riemerge dalle acque dopo una lunga apnea.
Questi momenti sembrano portare a una ridefinizione dell'essere. Come se prima vi fosse di me
 un' immagine sfocata e sdoppiata che man mano divenisse una cosa sola, nitida e integra.
Come se si rientrasse in se stessi da altrove.
Ora il Grasparossa è presente solo attorno a me con le rosse foglie dei suoi filari distesi lungo le valli.


Enrico già in vetta, si rilassa. Direi Barabba... ma l'immagine mi fa venire in mente Kagemusha ,
un bel film di Kurosawa che ho da poco rivisto in dvd. Lui attende, fisso come una montagna, perfettamente in sintonia con l' atmosfera di quiete raggiunta.


Poi viene la discesa finale e il ritorno, ancora uno strappo per raggiungere Levizzano e l'itinerario si chiude infine in un anello a otto, solo ormai una formalità il rientro all'auto lasciata nei pressi di Castelnuovo.
Non so quanti km si siano percorsi, quanti metri di dislivello, quante calorie, quanti battiti, come e quanto si sia andato oltre la soglia aerobica, tuttavia anche questa volta, andando fuori, sono rientrato. Domani vedrà un 'altra giornata in montagna, ma questa, è un'altra storia.


Andrea G. il 14/10/2008

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